Sotterranei (Area Archeologica)
La chiesa di S. Eusebio all’Esquilino, con i suoi ambienti sotterranei, racconta lo scorrere della lunga vita del sito, con tutte le fasi evolutive visibili e con la successione stratigrafica di reperti dall’età arcaica ad oggi.
I sotterranei si articolano su tre livelli: procedendo dall’alto (il piano di calpestio della chiesa attuale) verso il basso, al primo livello si trovano murature di un edificio di età imperiale costruito sulla colmata di Augusto, al secondo livello le sepolture di età repubblicana, e al terzo le grotte, risultato dell’uso come cava per l’estrazione di materiale probabilmente già in età arcaica (fig. 29).
I sotterranei si articolano su tre livelli: procedendo dall’alto (il piano di calpestio della chiesa attuale) verso il basso, al primo livello si trovano murature di un edificio di età imperiale costruito sulla colmata di Augusto, al secondo livello le sepolture di età repubblicana, e al terzo le grotte, risultato dell’uso come cava per l’estrazione di materiale probabilmente già in età arcaica (fig. 29).
Si accede al primo livello dei sotterranei (circa 3 m sotto l’attuale pavimentazione della chiesa) da due ingressi distinti. Il primo, interno alla chiesa (tramite una scala posta in fondo alla sacrestia), consente l’accesso agli ambienti A1, A2, A3 e ai livelli sottostanti, l’altro, in Via Principe Amedeo n. 177/A, consente l’accesso ai soli ambienti A4 e A5 (fig. 30).
Nei cinque locali sono presenti murature in laterizi, omogenee tra loro, che fanno ipotizzare un unico complesso edilizio la cui planimetria è parzialmente ricostruibile (fig. 31).
Krautheimer datava questa muratura al II – III sec. d.C. sulla base delle sue caratteristiche tecniche (ottima fattura, spessori che variano tra i 3.5 ed i 4 cm, muri spessi e saldi, archi di scarico realizzati con bei bipedali, …..) che mostrano un’accuratezza edilizia difficilmente riscontrabile in epoche successive (fig. 32).
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Lo spessore dei muri e la presenza di numerosi archi di scarico nelle pareti, alcuni molto ribassati, (ambienti A1 e A5), le fondazioni visibili realizzate con grosse schegge di basalto e abbondante cemento (ambiente A1) avvalorano l’ipotesi di un edificio a più piani, un’insula, con un porticato probabilmente in legno (ambienti A3 e A4) e con fronte su un’antica strada corrispondente all’attuale via Principe Amedeo; le murature esterne corrispondenti al lato N-E degli ambienti A1 e A5 seguono, con un grande muraglione obliquo, un orientamento parallelo alla stessa via. Nell’ambiente A4 (portico), incassato nella parete esterna, è presente un grande blocco di travertino che poteva svolgere la funzione di panchina. Gli ambienti A1, A2 e A5, costituiscono il piano terra dell’insula.
Dalla stanza A1 si accede al vano A2 tramite un’apertura nel muro sud di A1; quest’ambiente ha due aperture non protette sulla parete sudest che affacciano nel cortile dell’ex convento dei Celestini. Da queste aperture entrano luce, aria ed umidità che hanno favorito la crescita di muschi, funghi e muffe sulle pareti che pertanto risultano poco leggibili. Possiamo asserire che le pareti di nordest e di sudovest presentano evidenze di murature romane simili a quelle descritte per l’ambiente A1.
Una muratura analoga si trova nell’ambiente A5 dietro l’abside medioevale della chiesa.
Tra gli ambienti A1 e A5 si trova un altro vano intermedio al quale si accede da una botola nel pavimento del braccio destro del transetto; la difficoltà di accesso ed i materiali accumulati nel tempo non ne hanno reso possibile ad oggi uno studio adeguato.
La chiesa, nel tempo, ha mantenuto lo stesso orientamento dell’insula tanto che le murature a nordovest dei due vani quadrangolari, A1 e A2 (fig. 30), sono parte delle fondazioni del transetto e della navata laterale destra della chiesa.
Dall’ambiente A2 si accede ai livelli sottostanti attraverso una ripida scala con 40 gradini (fig. 33) che non hanno spigolo in quanto i bordi erano stati realizzati con assi di legno per rendere più sicura la discesa (l’umidità ed il tempo hanno cancellato ogni traccia della parte lignea).
Scendendo la scala, sulla parete di sinistra, a circa 1 metro di profondità dall’imbocco (fig.30 - K), è presente un fognolo con volta a “cappuccina”, probabile scarico delle acque dell’insula (fig. 34).
Dalla stanza A1 si accede al vano A2 tramite un’apertura nel muro sud di A1; quest’ambiente ha due aperture non protette sulla parete sudest che affacciano nel cortile dell’ex convento dei Celestini. Da queste aperture entrano luce, aria ed umidità che hanno favorito la crescita di muschi, funghi e muffe sulle pareti che pertanto risultano poco leggibili. Possiamo asserire che le pareti di nordest e di sudovest presentano evidenze di murature romane simili a quelle descritte per l’ambiente A1.
Una muratura analoga si trova nell’ambiente A5 dietro l’abside medioevale della chiesa.
Tra gli ambienti A1 e A5 si trova un altro vano intermedio al quale si accede da una botola nel pavimento del braccio destro del transetto; la difficoltà di accesso ed i materiali accumulati nel tempo non ne hanno reso possibile ad oggi uno studio adeguato.
La chiesa, nel tempo, ha mantenuto lo stesso orientamento dell’insula tanto che le murature a nordovest dei due vani quadrangolari, A1 e A2 (fig. 30), sono parte delle fondazioni del transetto e della navata laterale destra della chiesa.
Dall’ambiente A2 si accede ai livelli sottostanti attraverso una ripida scala con 40 gradini (fig. 33) che non hanno spigolo in quanto i bordi erano stati realizzati con assi di legno per rendere più sicura la discesa (l’umidità ed il tempo hanno cancellato ogni traccia della parte lignea).
Scendendo la scala, sulla parete di sinistra, a circa 1 metro di profondità dall’imbocco (fig.30 - K), è presente un fognolo con volta a “cappuccina”, probabile scarico delle acque dell’insula (fig. 34).
Il condotto, largo 0,50 m è visibile per una lunghezza di circa 2 m. Molto probabilmente il fognolo è stato costruito contemporaneamente all’insula, e la sua posizione oltre il muro sudovest dell’ambiente A2 lascia ipotizzare la presenza di un cortile interno dell’insula proprio nello stesso luogo dove poi sarà costruito il chiostro del convento dei Celestini.
Al termine della scalinata si trova un pianerottolo (fig. 30 - P) alla cui destra si apre un piccolo passaggio, lungo circa 1,5 m e stretto circa 0,7 m tanto da consentire il passaggio solo carponi di una persona per volta; questo cunicolo immette in un ambiente irregolare (risultato di attività di estrazione di materiale), qui una parte della volta è crollata, in epoca imprecisata, mettendo a nudo un piccolo lembo della sovrastante necropoli esquilina (fig. 30 - C). A terra, circondato da detriti, si trova un sarcofago in peperino (fig. 35).
Al termine della scalinata si trova un pianerottolo (fig. 30 - P) alla cui destra si apre un piccolo passaggio, lungo circa 1,5 m e stretto circa 0,7 m tanto da consentire il passaggio solo carponi di una persona per volta; questo cunicolo immette in un ambiente irregolare (risultato di attività di estrazione di materiale), qui una parte della volta è crollata, in epoca imprecisata, mettendo a nudo un piccolo lembo della sovrastante necropoli esquilina (fig. 30 - C). A terra, circondato da detriti, si trova un sarcofago in peperino (fig. 35).
Nel 1889, il custode della chiesa, Giovanni Compagnucci, riferisce del ritrovamento di una “cassa di pietra” con dentro le ossa che furono ritenute i resti mortali di S. Eusebio. Il sarcofago ad arca ritrovato fu frantumato a colpi di mazza (i frammenti sono ancora visibili in loco) ed il corredo funebre, probabilmente integro, fu trafugato.
Nel 2011 nel ripulire la scala di accesso ai sotterranei, dai detriti che si erano accumulati nel tempo, sono state rinvenute due punte di lancia (fig. 36), forse parte dell’arredo funebre delle sepolture trovate; probabilmente le due punte, accidentalmente cadute lungo la scalinata, sono quanto rimane dell’arredo funebre trafugato.
Nel 2011 nel ripulire la scala di accesso ai sotterranei, dai detriti che si erano accumulati nel tempo, sono state rinvenute due punte di lancia (fig. 36), forse parte dell’arredo funebre delle sepolture trovate; probabilmente le due punte, accidentalmente cadute lungo la scalinata, sono quanto rimane dell’arredo funebre trafugato.
L’area ipogea, i cui sarcofaghi sono databili alla prima età repubblicana tra il V e il IV sec. a.C. (come molti altri rinvenuti vicino alla chiesa di S. Eusebio), si trova contenuta in uno spesso diaframma tra l’insula romana sovrastante e le sottostanti grotte note peraltro ai monaci Celestini che le utilizzarono come cantine. Impossibile datare il reticolo di gallerie alte e larghe, scavate nel tufo, che si trovano sotto la chiesa e l’ex monastero, probabilmente le attività di scavo risalgono ad epoche antiche forse antecedenti alle arche stesse. Purtroppo, la volta della galleria che si regge in equilibrio precario, col pericolo di collassare da un momento all’altro, ha impedito finora ulteriori ispezioni del soprastante ambiente ipogeo.
Ritornando al pianerottolo P e scendendo altri pochi gradini si accede agli ambienti C1, C2 e C3, delimitati da archi in laterizi di riuso rivestiti da abbondante malta, che si sviluppano in tre direzioni (fig. 29).
I tre ambienti, di difficile interpretazione e datazione, furono utilizzati, almeno dal XVI sec., come cantine e magazzini dai monaci celestini, che li risistemarono realizzando delle murature di rinforzo e pareti con delle nicchie (forse con funzione di teche per la conservazione di alimenti).
Di particolare interesse è l’ambiente C2, nella parte terminale è presente una struttura realizzata con blocchi di tufo ben squadrati, della quale si conservano due pareti, probabilmente si tratta di una camera sepolcrale scavata nel banco (fig. 37).
Ritornando al pianerottolo P e scendendo altri pochi gradini si accede agli ambienti C1, C2 e C3, delimitati da archi in laterizi di riuso rivestiti da abbondante malta, che si sviluppano in tre direzioni (fig. 29).
I tre ambienti, di difficile interpretazione e datazione, furono utilizzati, almeno dal XVI sec., come cantine e magazzini dai monaci celestini, che li risistemarono realizzando delle murature di rinforzo e pareti con delle nicchie (forse con funzione di teche per la conservazione di alimenti).
Di particolare interesse è l’ambiente C2, nella parte terminale è presente una struttura realizzata con blocchi di tufo ben squadrati, della quale si conservano due pareti, probabilmente si tratta di una camera sepolcrale scavata nel banco (fig. 37).
L’ambiente C3 ha una forma più articolata; sono presenti su entrambi i lati dei piccoli vani, in quello di sinistra si intravede una porzione di cava probabilmente murata perché interessata da crolli.
Quasi tutte le pareti presentano piccole nicchie, alcune potrebbero essere quanto rimane di un colombario di età romana altre sembrano più recenti forse realizzate dai Celestini quando utilizzarono questi ambienti come cantina.
Quasi tutte le pareti presentano piccole nicchie, alcune potrebbero essere quanto rimane di un colombario di età romana altre sembrano più recenti forse realizzate dai Celestini quando utilizzarono questi ambienti come cantina.